Gentile Dr. Gelli,
le scrivo per sottoporle un problema che in questo momento mi sta preoccupando.
Mio figlio Andrea è un bambino di 4 anni con la Spina Bifida. Porta i tutori bassi ed il pannolino; a parte questo è un bambino normale come tutti gli altri.
Gioca, corre, si arrampica sullo scivolo e va all’asilo. E qui sta il problema. L’anno scorso mio figlio è entrato nella scuola materna, avendo l’insegnante di sostegno richiesta dalla scuola.
Per l’anno prossimo io vorrei che l’insegnante di sostegno non fosse più data a mio figlio, perchè ho il timore che non vada bene per lui.
Infatti Andrea spesso non vuole che la maestra gli stia vicino, cacciandola via. Lui fa tutto quello che fanno gli altri e la maestra di sostegno lavora di fatto con tutta la classe. Però spesso è in piedi, dietro a lui, mentre gioca con gli altri, perchè dice di “essere responsabile” se lui cadesse e si facesse male.
Ora io credo che Andrea debba anche imparare a cadere e rialzarsi da solo. La suora direttrice della scuola mi ha detto che per lei il sostegno non serve al
bambino, e che loro l’avevano chiesto l’anno scorso perchè non lo conoscevano. E’ giusto togliere il sostegno a mio figlio?
Non è che togliendolo poi le altre insegnanti non gli fanno fare più alcune cose perché preoccupate che si possa fare del male?
La ringrazio preventivamente per la sua risposta.
Mamma di Andrea
Gentile Signora,
la ringrazio della sua lettera perché mi consente di fare alcune riflessioni sulla questione “insegnante di sostegno” che accomuna tanti bambini con Spina Bifida.
Infatti, dai dati in nostro possesso, circa il 70% dei bambini con tale patologia fisica ha, nei vari corsi scolastici, l’insegnante di sostegno, spesso fin dalla scuola materna.
In molti casi l’intervento di tanti insegnanti risulta valido ed opportuno, in altri casi invece può diventare fonte di disagio per i bambini e per le loro famiglie.
Come orientarsi quindi?
In primo luogo, la decisione di supportare i bambini a scuola con un’insegnante in più é cosa complessa, che deve tener conto di molte variabili e che deve
essere preparata per tempo dagli operatori preposti (neuropsichiatra infantile elo psicologo dell’età evolutiva) insieme ai genitori e ai bambini (soprattutto nella scuola elementare e media).
Il punto di partenza dovrebbe essere un’attenta valutazione del bambino con i suoi bisogni e le sue capacità cognitive, affettive e relazionali.
In secondo luogo, devono essere valutate le conoscenze e le aspettative della scuola che accoglierà il bambino.
Spesso infatti i direttori didattici e gli operatori della scuola non conoscono le problematiche inerenti la Spina Bifida. Si aspettano di avere un bambino con problemi e richiedono quindi gli aiuti previsti dalla legge, che ritengono necessari.
In terzo luogo ogni decisione va presa insieme ai genitori che danno, con la propria firma, l’assenso necessario per far partire la pratica. Anche qui bisognerà tener conto delle idee, delle ansie e degli eventuali rifiuti che un genitore può avere, senza giudicarlo, ma assumendo un atteggiamento che aiuti a comprendere i diversi aspetti delle proprie decisioni.
Come si può vedere quindi, il percorso che porterà a prendere tali decisioni dovrà essere supportato dalla conoscenza di tali variabili e avrà come fine ultimo il maggior bene possibile per quel singolo bambino in quella determinata situazione.
Quindi non esistono ricette preconfezionate, ma una possibilità di analisi approfondita che aiuti a prendere la decisione migliore.
L’intervento tuttavia non dovrebbe fermarsi solo all’aspetto decisionale.
Credo infatti che gli insegnanti di classe o di sostegno, che seguono i bambini con la Spina Bifida, debbano avere l’opportunità, se necessario, di potersi confrontare con esperti dell’età evolutiva che aiutino ad impostare il loro intervento.
La situazione che la mamma di Andrea descrive pone infatti alcuni interrogativi. Abbiamo qui un bambino che sembra esprimere una nota di fastidio per un’insegnante che sta “troppo vicino” e che da un punto di vista della relazione, si pone come osservatore e protettore costante.
Ora, i bambini, con o senza Spina Bifida, hanno certamente bisogno, a 3-4 anni, di percepire l’adulto come “base sicura” da cui partire per sviluppare, attraverso il gioco, le proprie conoscenze. Le maestre dell’asilo, alle quali le mamme affidano i propri figli, hanno tra le altre anche questa funzione. Essere una “base sicura” per un bambino, significa averi o sempre “nella mente e nel cuore”, mostrando con i propri comportamenti diretti o indiretti, le nostra disponibilità ad ascoltarlo e ad occuparsi di lui.
D’altra parte un intervento del genere, cosl importante per lo sviluppo del bambino, deve anche essere basato su una gestione adeguata della distanza fisica ed emotiva dal bambino. Un eccesso di protezione, di fatto, rischia di consegnare un messaggio indiretto al bambino di poca fiducia nelle sue capacità autonome, contribuendo allo sviluppo di un senso del sé fragile ed insicuro.
Ecco allora che l’insegnante di sostegno, forse preoccupata delle proprie responsabilità e della non adeguata comprensione dei deficit motori che riguardano quel bambino, si pone in maniera troppo protettiva causandone cosl le reazioni descritteci dalla madre.
Questo fatto, da solo, non consente di prendere una decisione sulla necessità dell’insegnante di sostegno per Andrea.
Tuttavia nella sua lettera vi sono alcune altre informazioni, che dovrebbero essere vagliate con attenzione, che sembrano far pendere la decisione verso la sua richiesta di sospensione dell’intervento di sostegno. Il bambino infatti non sembra avere bisogni particolari. La direttrice della scuola, avendo valutato insieme alle maestre il bambino giorno per giorno, ritiene che il personale di ruolo sia sufficiente e quindi possiamo supporre abbasta tranquillo, per gestire la situazione.
In definitiva, penso che in questo caso, valutando i comportamenti del bambino e gli atteggiamenti e le aspettative della scuola e dei genitori, si possa ipotizzare che la presenza dell’insegnante di sostegno non sia necessaria per Andrea e quindi proporre per l’anno prossimo la fine di questo intervento.