La Spina Bifida è una grave malformazione congenita della colonna vertebrale e del midollo spinale: se un bambino nasce affetto da questa patologia è perché, intorno al ventottesimo giorno dopo il suo concepimento, la sua colonna vertebrale “non si è chiusa”.
La patologia presenta diverse forme, con gravità differente, che comportano danni irreversibili al midollo spinale, come la perdita della mobilità degli arti inferiori, la difficoltà nel controllo degli sfinteri e altre complicazioni neurologiche.
Una persona con Spina Bifida non può guarire, ma molto si può fare perché possa condurre una vita serena.
Le Cause
La Spina Bifida, come l’anencefalia (altro Difetto del Tubo Neurale) e come molte altre malformazioni, è dovuta ad un meccanismo multifattoriale, ovvero all’azione combinata, sinergica, di vari fattori endogeni (genetici) ed esogeni (ambientali).
I fattori genetici (endogeni)
Il ruolo di alcuni geni nell’insorgenza della Spina Bifida è dimostrata dal fatto che in 5 famiglie su 100 in cui un individuo è affetto da Spina Bifida esiste anche un altro parente prossimo affetto da forme più o meno gravi di Spina Bifida. Infatti, il rischio di ricorrenza della patologia dipende dal grado di parentela con il soggetto affetto, più elevato per i fratelli o sorelle, più basso per cugini di primo grado.
Inoltre, la ricerca scientifica negli ultimi 20 anni si è focalizzata sui meccanismi alla base dell’effetto preventivo dell’acido folico, indagando i geni codificanti per diversi enzimi coinvolti nel metabolismo dei folati. In alcuni di essi sono state identificate alcune varianti polimorfiche (mutazioni geniche presenti anche in individui sani) che sono oggi considerate importanti fattori genetici di rischio per la Spina Bifida, in quanto compromettono la funzionalità degli enzimi, andando ad alterare le numerose reazioni metaboliche in cui l’acido folico svolge il ruolo di cofattore essenziale.
I fattori ambientali (esogeni)
Tra i fattori di rischio ormai conclamati esistono l’ipertermia, l’iperglicemia e l’obesità materna. Inoltre, l’assunzione da parte della madre di farmaci antiepilettici (acido valproico, fenilidantoina) conferisce un rischio maggiore (10-20 volte) di avere un figlio con Spina Bifida. Esistono, inoltre, altri fattori ambientali, fino ad oggi testati solo su alcuni gruppi etnici non italiani e con abitudini di vita in parte diverse dalle nostre da tenere in considerazione.
Ad esempio l’ingestione di cibi contaminati da fumonisina, una tossina fungina che contamina il mais consumato da alcune popolazioni rurali sudamericane, la disinfezione con cloro dell’acqua potabile, l’effetto dei campi elettromagnetici, l’uso di pesticidi, lo stress materno, lo stato socio-economico familiare disagiato, la diarrea materna, la frequentazione di saune e camere a vapore fumante e l’uso di coperte termiche. L’assunzione materna nelle prime fasi della gravidanza di altri farmaci fra cui (diuretici, antistaminici, sulfonamidi) può comportare qualche rischio, sebbene debbano essere confermati da ulteriori prove scientifiche.
In ultimo, bassi livelli plasmatici di acido folico, dovuti o a carenze nella dieta di tale vitamina, o ad una predisposizione genetica, sono stati osservati in donne che hanno avuto figli con Spina Bifida. Per tale motivo è importante l’assunzione farmacologica di acido folico nel periodo periconcezionale.
Nonostante le incertezze e la variabilità delle cause, dal punto di vista pratico esistono alcune possibilità concrete di prevenzione della Spina Bifida.
Testi tratti da: www.spinabifidaitalia.it